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Autore

Avv. Prof. Roberto Cacioni


Gli interventi di **manutenzione** dei balconi in condominio sono sempre più al centro del dibattito legale: chi paga e quali permessi servono per agire? Questo articolo approfondisce le novità normative aggiornate al 2025, la giurisprudenza recente e fornisce indicazioni pratiche per evitare errori comuni.

🔍 Tipologie di balconi e competenze

I balconi possono essere distinti in due categorie:

  • Balconi aggettanti: sporgenti rispetto alla facciata, considerati in genere di proprietà esclusiva (art. 1117 c.c.), la manutenzione è a carico del proprietario.
  • Balconi incassati: integrati nella struttura del palazzo e assimilabili a parti comuni, con manutenzione condominiale.

📌 Quali interventi sono condominiali e quali privati?

  • Il pavimento interno e la soletta sono a carico del singolo condomino (aggettante), salvo diversa funzione comune (come il sottobalcone che copre l’unità inferiore)
  • I frontalini, parapetti e rivestimenti estetici visibili dalla strada sono spesso beni comuni e la loro manutenzione è ripartita tra tutti i condomini secondo i millesimi (art. 1123 c.c.)

🧾 Nuove regole e sentenze 2025

Secondo la sentenza del Tribunale di Teramo n. 681 del 9 giugno 2025, l’assemblea condominiale non può deliberare su balconi privati: la delibera è da considerarsi nulla se l’intervento riguarda la proprietà esclusiva.

La sentenza del Tribunale di Napoli n. 2378/2025 ha stabilito che il proprietario di un balcone aggettante risponde in solido (anche come usufruttuario) in caso di danni causati da mancata manutenzione che colpisce l’unità inferiore.

⚖️ Normativa di riferimento

  • Art. 1117 c.c. – definizione delle parti comuni e private dell’edificio.
  • Art. 1123 e 1125 c.c. – criteri di ripartizione delle spese condominiali.
  • Art. 1136 c.c. – quorum per le deliberazioni assembleari relative a parti comuni
  • Art. 1135 c.c. – obblighi dell’amministratore, anche in situazioni di urgenza

🛠️ Consigli pratici per amministratori e condomini

  1. Verificare la natura del balcone: aggettante o incassato, definendo chiaramente responsabilità e costi.
  2. Interventi urgenti: in presenza di pericolo, l’amministratore può agire in via conservativa (art. 1135 c.c.) anche senza delibera, ma deve convocare successiva ratifica dell’assemblea.
  3. Assemblea condominiale: solo su interventi su parti comuni, con la maggioranza prevista dall’art. 1136 c.c..
  4. Documentare tutto: relazioni tecniche, preventivi, verbali e fotografie da allegare alla convocazione e al verbale.
  5. Verificare i requisiti per bonus edilizi: possibili detrazioni per interventi di ristrutturazione, facciate, isolamento termico (Ecobonus, Bonus Facciate) — se applicabili.

💰 Costi indicativi per gli interventi

Secondo le stime aggiornate:

  • Manutenzione ordinaria e riparazioni minori: circa 50–150 €/mq.
  • Rifacimento strutturale completo: 150–500 €/mq.
  • Tinteggiatura o riparazione di frontalini/parapetti: 10–20 €/mq per tinteggiatura, fino a 300 €/mq per sostituzione strutturale

✔️ Conclusione

La gestione della **manutenzione dei balconi** richiede conoscenza normativa, valutazione attenta della tipologia dell’intervento e corretta partecipazione assembleare. Alla luce delle sentenze 2025, è fondamentale distinguere chiaramente tra balconi privati e comuni e agire sempre nel rispetto delle norme.

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GRUPPO WHATSAPP CONDOMINIO: REGOLE, PRIVACY E LIMITI

Introduzione

Il gruppo WhatsApp condominiale è uno strumento sempre più diffuso per facilitare la comunicazione tra condomini e amministratore. Tuttavia, un uso improprio può generare violazioni della privacy, conflitti interni e responsabilità legali. In questa guida ANAI analizziamo la normativa, le indicazioni del Garante Privacy, la giurisprudenza e forniamo consigli operativi.

1. Valore legale del gruppo WhatsApp condominiale

L’art. 66 disp. att. c.c. prevede che la convocazione dell’assemblea avvenga tramite raccomandata, PEC, fax o consegna a mano. Il gruppo WhatsApp non è indicato tra i mezzi validi e non può sostituire le convocazioni o le delibere formali.

Può essere utilizzato solo come canale integrativo e informale per:

  • avvisi su lavori e manutenzioni;
  • segnalazioni urgenti;
  • promemoria assembleari.

2. Privacy e consenso: obblighi GDPR

Il numero di telefono è un dato personale identificativo ai sensi dell’art. 4 GDPR. L’amministratore deve ottenere:

  • Consenso scritto e documentato (art. 6 GDPR);
  • Informativa privacy (art. 13 GDPR) con finalità, modalità di trattamento e diritti dell’interessato;
  • Conservazione della prova del consenso.

L’inserimento senza consenso è illecito e può comportare sanzioni fino a € 20 milioni o al 4% del fatturato (art. 83 GDPR).

3. Limiti sui contenuti

La chat condominiale non è una bacheca pubblica: occorre rispettare norme su privacy e diffamazione.

Consentito:

  • avvisi tecnici (chiusura acqua, guasti, interventi);
  • informazioni logistiche;
  • promemoria assembleari.

Vietato:

  • segnalare morosità nominative;
  • pubblicare dati sensibili (salute, situazione economica);
  • diffondere foto di persone senza consenso;
  • commenti offensivi (rischio reato di diffamazione).

4. Orientamenti del Garante Privacy

Il Garante ha chiarito che:

  • Serve consenso preventivo per inserire un condomino in chat;
  • Il numero di telefono è dato personale → condivisione solo volontaria;
  • L’amministratore è titolare del trattamento se gestisce il gruppo.

5. Giurisprudenza rilevante

  • Trib. Mantova, 2019: chat non sostituisce comunicazioni ufficiali;
  • Cass. Pen. 16712/2021: messaggi diffamatori in chat condominiale integrano reato di diffamazione.

6. Responsabilità dell’amministratore

Se gestisce il gruppo, l’amministratore deve:

  • verificare il consenso di tutti i membri;
  • moderare per prevenire messaggi illeciti;
  • usare la chat solo per scopi pertinenti al condominio.

7. Consigli operativi ANAI

  1. Approvare la creazione del gruppo con delibera assembleare;
  2. Raccogliere consenso scritto con modulo privacy;
  3. Stabilire un regolamento d’uso con divieti chiari;
  4. Mantenere sempre attivi canali ufficiali (PEC, raccomandata);
  5. Utilizzare la chat solo per comunicazioni rapide e urgenti.

Conclusione

Il gruppo WhatsApp condominiale è utile ma richiede regole chiare, consenso GDPR e moderazione. Non sostituisce i canali ufficiali di comunicazione e il suo uso scorretto può generare responsabilità legali e sanzioni. ANAI raccomanda prudenza e rispetto rigoroso della normativa.

ANAI – Associazione Nazionale Amministratori Immobiliari

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CONFERMA AMMINISTRATORE: QUALE MAGGIORANZA SERVE DAVVERO?

Introduzione

La conferma dell’amministratore di condominio è uno dei temi più dibattuti nella prassi condominiale. Molti si chiedono: serve la stessa maggioranza prevista per la nomina o basta una semplice approvazione? In questo articolo, ANAI analizza la normativa, le sentenze più recenti e fornisce indicazioni pratiche per evitare errori formali.

Cosa dice la legge sulla conferma dell’amministratore?

L’art. 1129 c.c. stabilisce che l’incarico dell’amministratore dura un anno e, in mancanza di revoca, si intende rinnovato per eguale durata. Tuttavia, la legge non chiarisce se la conferma debba avvenire con lo stesso quorum previsto per la nomina o se sia sufficiente una maggioranza ordinaria.

Quorum per la nomina e la conferma: cosa prevede il Codice Civile?

Secondo l’art. 1136, comma 4, c.c., la nomina dell’amministratore richiede:

  • la maggioranza degli intervenuti in assemblea;
  • che tale maggioranza rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio (500 millesimi).

La domanda quindi è: la conferma dell’amministratore va equiparata alla nomina?

Le due tesi giurisprudenziali a confronto

1. Orientamento prevalente: quorum qualificato anche per la conferma

La giurisprudenza dominante (Cassazione, Corte d’Appello e Tribunali di merito) ritiene che la conferma dell’amministratore debba avvenire con la stessa maggioranza prevista per la nomina.

Esempi recenti:

  • Corte d’Appello di Cagliari – Sassari, sent. n. 266/2025: conferma senza quorum qualificato nulla, applicazione della prorogatio imperii.
  • Tribunale di Roma, sent. n. 297/2025: annullata delibera di conferma con quorum insufficiente, equiparando conferma e nomina.

2. Orientamento minoritario: è sufficiente la maggioranza ordinaria

Alcuni Tribunali (Roma, Palermo, Bologna) ritengono che la conferma sia diversa dalla nomina, limitandosi a prolungare un rapporto fiduciario già in essere. In questo caso, sarebbe sufficiente il quorum ordinario:

  • un terzo dei partecipanti;
  • un terzo del valore millesimale.

ANAI consiglia: adottare sempre la maggioranza qualificata

Alla luce dell’orientamento prevalente, ANAI raccomanda di:

  1. Richiedere espressamente il quorum qualificato anche per la conferma;
  2. Indicare chiaramente all’ordine del giorno “Conferma dell’amministratore in carica”;
  3. Documentare nel verbale la verifica dei millesimi e delle presenze;
  4. In assenza di quorum, considerare la conferma non valida e operare in regime di prorogatio imperii.

Cos’è la prorogatio imperii?

Se la conferma non avviene con quorum valido, l’amministratore non decade automaticamente. Entra in vigore la prorogatio imperii, che gli consente di restare in carica per la sola ordinaria amministrazione fino alla nuova nomina.

Conclusione

La conferma dell’amministratore condominiale non è un atto meramente formale. Richiede attenzione, rispetto delle maggioranze di legge e un verbale ben redatto. La scelta più sicura e conforme alla giurisprudenza è adottare il quorum previsto per la nomina, evitando impugnative e nullità.

ANAI – Associazione Nazionale Amministratori Immobiliari

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SCARICO DELLA CONDENSA DEL CONDIZIONATORE NEL PLUVIALE CONDOMINIALE: ILLEGITTIMO SENZA AUTORIZZAZIONE

Il caso deciso dal Tribunale: condensa del climatizzatore e uso del pluviale condominiale

Una recente sentenza ha affrontato la delicata questione della legittimità dello scarico della condensa del condizionatore nel pluviale condominiale, tema ricorrente in ambito condominiale, specie nei mesi estivi. Il caso nasce dalla contestazione da parte del Condominio nei confronti di alcuni condomini che avevano installato impianti di climatizzazione le cui tubazioni convogliavano l’acqua di condensa direttamente nei pluviali comuni, senza previa autorizzazione assembleare.

A seguito delle contestazioni, il Condominio ha agito in giudizio, chiedendo la rimozione dell’intervento e il ripristino dello stato originario, assumendo che tale uso rappresentasse una violazione dell’art. 1102 c.c. e un’alterazione della funzione originaria del bene comune.

Le difese dei condomini

I condomini convenuti si sono costituiti in giudizio negando qualsiasi alterazione del bene comune, sostenendo che lo scarico della condensa costituisce un’immissione modesta, non inquinante e non dannosa, tale da non compromettere l’utilizzo del pluviale da parte degli altri partecipanti al condominio.

Inoltre, hanno fatto leva su una presunta tolleranza del Condominio e sulla mancanza di divieti espliciti nel regolamento, contestando la legittimazione dell’assemblea a deliberare la rimozione in assenza di un danno concreto.

Il principio di diritto: l’art. 1102 c.c. e la tutela delle parti comuni

Il Tribunale ha accolto le ragioni del Condominio, richiamando espressamente l’art. 1102 del Codice civile, secondo cui ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri di farne parimenti uso.

Il giudice ha osservato che il pluviale è destinato allo smaltimento delle acque meteoriche, mentre la condensa del condizionatore è frutto di un processo artificiale e ha natura differente, per quanto non pericolosa. La trasformazione dell’uso del pluviale, senza autorizzazione dell’assemblea né intervento tecnico qualificato, costituisce una violazione del principio di corretta utilizzazione delle parti comuni.

Il Tribunale ha anche evidenziato come l’assenza di danno materiale non sia sufficiente ad escludere l’illegittimità dell’intervento: ciò che rileva è l’alterazione funzionale e strutturale della cosa comune.

La decisione: ordine di rimozione e ripristino

La sentenza si conclude con l’accoglimento della domanda del Condominio. Il giudice ha ordinato ai condomini la rimozione dello scarico della condensa nel pluviale e il ripristino dello stato originario, condannandoli alle spese di lite.

Il provvedimento ribadisce il principio per cui l’innovazione sulle parti comuni, anche se apparentemente minima, richiede il consenso dell’assemblea, soprattutto quando incide sulla destinazione funzionale del bene.

Commento critico: orientamento consolidato e implicazioni pratiche

Un indirizzo giurisprudenziale ormai fermo

La pronuncia si inserisce in un solco giurisprudenziale ormai consolidato, già avallato da numerose decisioni, tra cui Trib. Padova, 22 febbraio 2011 n. 352, secondo cui l’immissione della condensa nei pluviali condominiali integra un uso anomalo del bene comune.

Anche recenti pronunce (ad es. Trib. Salerno, 2023) hanno confermato che l’acqua di condensa non può essere assimilata all’acqua piovana e, pertanto, non può essere introdotta nei pluviali senza delibera condominiale o modifica tecnica conforme ai regolamenti edilizi.

Implicazioni operative per gli amministratori e i tecnici

Dal punto di vista operativo, la sentenza offre utili spunti per amministratori, tecnici e avvocati:

  • Prima dell’installazione di condizionatori, è necessario verificare dove confluisce la condensa e se tale percorso è conforme al regolamento condominiale e ai titoli edilizi.
  • È fortemente raccomandato proporre in assemblea una delibera che disciplini l’uso degli impianti e gli eventuali percorsi di scarico.
  • In alternativa, è preferibile orientare i condomini verso sistemi di scarico autonomi e certificati, che non gravino sulle strutture comuni.
  • L’amministratore può legittimamente richiedere, in assenza di autorizzazione, la rimozione dell’intervento non conforme, anche in via extragiudiziale.

Conclusioni: attenzione agli impianti privati che impattano sulle parti comuni

Lo scarico della condensa del condizionatore nel pluviale condominiale è, secondo la giurisprudenza più recente, illegittimo se effettuato senza il consenso dell’assemblea. L’utilizzo delle parti comuni deve essere sempre conforme alla loro destinazione originaria, anche in assenza di danni materiali.

Per evitare liti e contenziosi, è opportuno che gli impianti vengano progettati e realizzati da tecnici qualificati, in sinergia con l’amministratore, nel rispetto del regolamento e del principio di buona convivenza condominiale.

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REVOCA DELL’AMMINISTRATORE CONDOMINIALE PER MANCATA AZIONE CONTRO I MOROSI: IL TRIBUNALE DI MESSINA CHIARISCE I LIMITI DELLA DISCREZIONALITÀ GESTIONALE

Il fatto: un’amministrazione tollerante che ha aggravato la morosità condominiale

Con decreto del 16 luglio 2025, il Tribunale di Messina ha disposto la revoca dell’amministratore condominiale per grave irregolarità gestionale, accogliendo il ricorso di un condomino preoccupato per l’inerzia nella gestione della morosità. La vicenda trae origine da una situazione debitoria preoccupante, con crediti condominiali non riscossi per oltre 72.000 euro, cresciuti sensibilmente rispetto ai 58.000 euro dell’anno precedente.

L’assemblea, nel tentativo di affrontare la criticità, aveva approvato una delibera specifica: invio di diffide a tutti i condomini con debiti superiori a 1.000 euro, offerta di piani di rientro non superiori a 12 mesi, ed eventuale avvio delle azioni legali di recupero in caso di mancato pagamento. L’amministratore, però, si è limitato ad inviare solo due diffide e non ha attivato alcuna procedura giudiziale, determinando di fatto l’aggravamento della crisi finanziaria del Condominio.

Le difese dell’amministratore e del Condominio

Nel corso del procedimento, l’amministratore ha sostenuto di aver agito secondo prudenza, tentando soluzioni conciliative per evitare contenziosi. La difesa ha altresì affermato che, nonostante la situazione debitoria, i servizi essenziali del condominio non erano mai stati interrotti e che il bilancio era stato successivamente approvato dall’assemblea, anche se con ritardo.

I difensori del Condominio hanno sostenuto che l’inazione non aveva prodotto un danno concreto e che il comportamento dell’amministratore doveva essere valutato nel contesto complessivo della gestione, alla luce delle difficoltà contingenti.

Il principio di diritto: dovere inderogabile di riscossione entro sei mesi

Il Tribunale ha rigettato le argomentazioni difensive e ha ritenuto la mancata esecuzione delle delibere assembleari e l’inerzia nella riscossione dei crediti una grave violazione dell’art. 1129, comma 12 c.c.. La norma prevede espressamente la revoca giudiziale dell’amministratore in caso di omessa esecuzione delle delibere dell’assemblea o di inadempimento degli obblighi previsti per legge.

In particolare, il comma 9 dell’art. 1129 c.c. impone all’amministratore di agire per la riscossione delle quote entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, senza necessità di autorizzazione dell’assemblea né per la procedura, né per la nomina del legale.

Ulteriore irregolarità: la presentazione tardiva del rendiconto

Il Tribunale ha anche censurato la tardiva presentazione del bilancio consuntivo, avvenuta oltre i 180 giorni previsti dall’art. 1130, comma 1 n. 10 c.c.. Il fatto che l’assemblea abbia comunque approvato il bilancio non sana il vizio originario. La normativa impone all’amministratore una condotta proattiva e puntuale, e ogni scostamento dai termini previsti integra un’autonoma causa di revoca, anche in assenza di danni immediati.

Commento operativo: le responsabilità gestionali non si eludono

Questa pronuncia ha notevole valore pratico per gli avvocati e gli operatori del diritto condominiale, perché chiarisce alcuni principi imprescindibili nella gestione del Condominio:

L’obbligo di azione è inderogabile

L’amministratore non può sospendere le azioni di recupero crediti in modo discrezionale, né temporeggiare confidando in soluzioni bonarie. In assenza di una delibera assembleare espressa di esonero, la riscossione delle quote morose entro sei mesi è un obbligo giuridico e non un’opzione.

La delibera è vincolante

Le deliberazioni dell’assemblea non sono suggerimenti, ma atti vincolanti che l’amministratore deve eseguire fedelmente e senza ritardi. Il Tribunale riafferma che l’amministratore è un mandatario, non un mediatore tollerante.

Il bilancio va presentato nei tempi di legge

Anche in mancanza di opposizioni assembleari, il ritardo nella redazione del bilancio costituisce un’irregolarità formale grave, che non può essere sanata ex post. La gestione finanziaria deve essere trasparente, puntuale e conforme ai termini di legge.

Conclusioni: un richiamo alla diligenza professionale

La decisione del Tribunale di Messina costituisce un forte richiamo alla responsabilità professionale degli amministratori di condominio. La tolleranza verso i condomini morosi, se non prevista espressamente dall’assemblea, può essere letta come violazione del mandato fiduciario e legittima la revoca giudiziale, anche su impulso di un singolo condomino.

Per i professionisti del settore, questa sentenza impone una riflessione sulle prassi operative: è necessario documentare puntualmente ogni passaggio, rispettare rigorosamente i termini e agire senza ritardi per la tutela dell’interesse comune.

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RESPONSABILITÀ DELL’AMMINISTRATORE INERTE: CONDANNA AL RISARCIMENTO PER OMESSA GESTIONE DELLE MOROSITÀ CONDOMINIALI

Il Tribunale di Nocera Inferiore, con la sentenza n. 1975 dell’11 giugno 2025, ha ribadito un principio ormai consolidato in tema di responsabilità solidale nel condominio: l’amministratore che omette di agire contro i condomini morosi può essere condannato al risarcimento dei danni, in quanto inadempiente agli obblighi del mandato conferito ex art. 1710 c.c.

Una decisione che conferma il rigore con cui la giurisprudenza valuta la funzione gestionale e fiduciaria dell’amministratore condominiale, sottolineandone la responsabilità in caso di inerzia o negligenza nella tutela dell’interesse comune.

Il fatto: inerzia e gravi omissioni nella gestione del condominio

La controversia trae origine dall’azione proposta da un condominio, rappresentato dal nuovo amministratore, nei confronti della precedente amministratrice, revocata a seguito di una delibera assembleare.
La domanda si fondava su diverse condotte omissive, tra cui:

  • la mancata attivazione delle procedure per il recupero delle morosità condominiali;
  • l’omessa rendicontazione delle somme incassate durante il mandato;
  • l’utilizzo indebito di fondi vincolati senza previa deliberazione assembleare;
  • la percezione di compensi dopo la revoca, senza giustificazione o copertura contabile.

Tali omissioni avevano compromesso gravemente l’equilibrio finanziario del condominio, impedendo un corretto rapporto con i fornitori e i creditori.

Le difese dell’amministratrice: giustificazioni non provate

Nel costituirsi in giudizio, l’ex amministratrice ha tentato di giustificare la propria condotta, sostenendo l’esistenza di generiche difficoltà operative, l’assenza di fondi disponibili e una pretesa delega informale da parte dell’assemblea a non procedere contro i morosi.

Tuttavia, nessuna delle allegazioni difensive è stata suffragata da riscontri documentali. Il Tribunale ha rilevato l’assenza di delibere che autorizzassero l’inerzia o la mancata escussione dei debitori, così come l’omessa dimostrazione di attività gestionali minimamente idonee alla tutela del patrimonio comune.

Il principio di diritto richiamato dal Tribunale

Il giudice ha fondato la propria decisione sull’art. 1710 c.c., che impone al mandatario di eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia.

Nel contesto condominiale, tale obbligo si traduce nella necessità di attivare tempestivamente ogni iniziativa utile al recupero dei crediti, anche attraverso atti giudiziari, per garantire l’equilibrio economico dell’ente.

Significativo il passaggio della motivazione in cui si afferma che «l’omissione sistematica e ingiustificata dell’amministratore nel contrastare la morosità costituisce una violazione grave del mandato fiduciario, aggravando il danno collettivo e compromettendo la gestione ordinaria».

La condanna al risarcimento e la restituzione dei compensi

Il Tribunale ha riconosciuto in pieno la responsabilità dell’ex amministratrice, condannandola genericamente al risarcimento del danno in favore del condominio.

Non essendo possibile, allo stato, procedere a una quantificazione precisa del danno (mancando una contabilità completa e dettagliata), il giudice ha disposto che la liquidazione avvenga in separato giudizio, in base a criteri equitativi ex art. 1226 c.c.

In aggiunta, è stata accolta anche la domanda di restituzione dei compensi percepiti dopo la revoca dall’incarico, poiché tali somme risultavano versate in assenza di titolo, senza alcuna urgenza operativa né copertura deliberativa ai sensi dell’art. 1135, comma 2, c.c.

Commento critico-operativo per avvocati e giuristi

Questa sentenza rappresenta un ulteriore punto fermo in materia di responsabilità solidale nel condominio, con particolare riferimento alla gestione delle morosità.

Dal punto di vista operativo, il contenuto della decisione offre una serie di spunti concreti per l’attività forense e gestionale:

Per gli avvocati

  • Attività difensiva del condominio: è fondamentale raccogliere con tempestività documentazione contabile, verbali assembleari e corrispondenza utile a dimostrare l’inerzia dell’amministratore uscente.
  • Impugnazione dell’amministratore: si consiglia di valutare la tempestività dell’azione anche alla luce di eventuali prescrizioni, nonché la possibilità di procedere con rito semplificato per il risarcimento.
  • Tutela cautelare: nei casi più gravi, potrebbe configurarsi il rischio di danno irreparabile che giustifica istanze di sequestro conservativo.

Per gli amministratori professionisti

  • Dovere di diligenza rafforzata: l’amministratore ha l’obbligo di avviare procedure per il recupero dei crediti, salvo diversa (e motivata) delibera assembleare. La sola conoscenza della morosità e l’inazione possono fondare una responsabilità civile.
  • Trasparenza nella rendicontazione: omettere la presentazione del rendiconto annuale o non documentare le entrate e le uscite può esporre a responsabilità personale.
  • Rinuncia preventiva ai compensi: in caso di revoca, ogni attività successiva deve essere deliberata e giustificata; in difetto, eventuali somme percepite possono essere oggetto di azione restitutoria.

Conclusioni

Il Tribunale di Nocera Inferiore, con questa sentenza, sottolinea con chiarezza che la responsabilità solidale nel condominio può estendersi all’amministratore negligente, specie in presenza di comportamenti omissivi nella tutela del credito dell’ente.

Un richiamo forte all’assunzione consapevole di responsabilità da parte di chi gestisce beni comuni, nella consapevolezza che ogni inadempimento – anche per omissione – ha un impatto diretto e misurabile sulla collettività condominiale.

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